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Omicidio Aldrovandi, addio alibi della difesa
Checchino Antonini
Fonte: Liberazione, 25 giugno 2009
25 giugno 2009

Contro chi urlava Federico - "Vigliacchi!" - prima ancora dell'ora segnata sui rapporti delle volanti scritti dai quattro autori del misterioso e violento "controllo" di polizia che uccise il diciottenne all'alba del 25 settembre 2009? La domanda risuona nell'aula di Ferrara dove si celebra il processo per omicidio colposo a carico di quattro poliziotti. Con chi gridava prima ancora che qualcuno avvertisse il 112 di un ragazzo "strano" e di urla - "Polizia di merda!" - lanciate mentre al Parchetto dell'Ippodromo è ancora buio, tanto che uno degli agenti ricorderà di essere intervenuto a fari e barra accesa? Dopo la requisitoria del pm Proto, che ha definitivamente escluso la tesi del "bad trip" da lsd (mai trovato nel sangue), le difese di parte civile scavano da due giorni per incrociare telefonate ed orari indicati dalle relazioni di servizio. Che i conti non tornino, che qualcuno menta sarà anche la conclusione di Fabio Anselmo che segue la vicenda dall'inizio per conto della famiglia Aldrovandi. Diciassette telefonate sono state prese in esame e messe in relazione con i fatti riscontrati, con le testimonianze, con le perizie. Troppa roba per farla stare tutta nello striminzito arco di tempo restituito dalle relazioni dei quattro agenti che furono scritte solo a sera tarda, solo dopo aver battuto la via dei fatti per capire, secondo l'accusa, fin dove poteva spingersi quella contrazione dei tempi notata già dal pm e dagli altri legali della famiglia dell'Aldro, Gamberini e Del Pennino. Una contrazione che doveva servire a reggere la versione ufficiale - "S'è accasciato di fronte agli agenti" - e le insinuazioni sull'abuso di sostanze. E che vide impegnata la questura a parecchi livelli fino alla discesa in campo del capo della procura che liquidò la storia - "Le lesioni non c'entrano" - prima ancora che le indagini iniziassero. Da allora sarà uno "scontro tra istituzioni", secondo le parti civili, quasi un alto tradimento, con tanto di testimoni filtrati, prove manomesse, reperti spariti. Il depistaggio è stato ricostruito ieri pomeriggio dall'avvocato Riccardo Venturi - che inizierà, secondo le ricostruzioni delle parti civili - pochi istanti dopo il violentissimo contatto che uccise un ragazzo "vestito come uno dei centri sociali", così dissero i poliziotti, trovato senza documenti in una zona considerata "sensibile". "Stranamente", ha detto Anselmo nel corso di un'arringa di sette ore, gli agenti omisero di segnalare il ritrovamento nei pressi del luogo dei fatti di un motorino rubato. Ma spesero ogni energia nella costruzione del mito del tossico, poi del tossico inferocito, per tranquillizzare la pm di turno e persuaderla a non ficcanasare dalle parti dell'Ippodromo. Per non farle accorgere che "l'abbiamo picchiato di brutto per mezz'ora", come dirà la voce di uno degli agenti immortalata in una delle conversazioni col centralino della questura.
Il maxischermo ferma l'immagine sulle ferite alla testa di Federico. In aula risuona, registrata, la voce di Annemarie, madre single e migrante, che depose a porte chiuse, in sede di incidente probatorio, dopo un lungo travaglio personale. E' soprattutto lei che proveranno ad attaccare le difese, probabilmente, quando inizieranno le ultime arringhe lunedì e martedì prossimi. Si ascolta la "lucida e ineguagliata ricostruzione", in antitesi con quella categoria di "testimoni che voltano la testa" e che abitano quella zona del silenzio creata da una campagna di intimidazione - ricorda Anselmo - condotta a mezzo stampa, in quei giorni, da questura, vertici della procura e sindacati di polizia, quasi tutti.
Annemarie vide "i poliziotti" tutti come formiche. Sono già lì coi bastoni. Un poliziotto gli mette le mani qua (lo prende per i capelli, ndr), lo vedo giù per terra". E a terra lo continuarono a pestare e gli siedono sopra. "Poi uno si alza e va alla macchina, poi torna e lo picchia, lo picchia. Lo tempesta coi piedi, lo picchia tanto". A dire che gli agenti "furono i primi a picchiare" c'è anche il testimone che chiamò Chi l'ha visto? Ma ritrattò in aula. Eppure sapeva quel dettaglio di come era iniziato tutto: "Fino ad allora sapevamo solo che le ferite erano incompatibili con atti di autolesionismo e che le droghe non c'entravano". E le sue parole si incroceranno con quelle di Annemarie e perfino con quelle degli imputati. La ritrattazione di quest'uomo è solo uno dei lati ancora oscuri della storia, a partire dal cellulare di Federico filmato in varie pose sulla panchina ma da cui partirono 12 telefonate mute subito dopo le 5, nell'arco orario in cui è più opaco il resoconto delle volanti. "Forse Federico, fermato senza documenti - concluderà Anselmo - provò a chiamare gli amici per consentire l'identificazione". Aveva 18 anni, e magari non gli andava di far sapere ai suoi di essere stato fermato all'alba. Aveva 18 anni e in un paese normale non sarebbe morto così