Quando la gup di Ferrara, Silvia Migliori, s'è seduta, rientrando in aula dopo la camera di consiglio, Patrizia e Lino Aldrovandi hanno capito che ci sarebbe stato un pubblico processo per l'omicidio colposo del loro figlio Federico, ucciso a diciotto anni nel corso di un misterioso e violento "controllo di polizia" all'alba del 25 settembre 2005. Il processo si aprirà, senza riti abbreviati né patteggiamenti, il 19 ottobre prossimo. A 754 giorni dai fatti.
Se la gup (giudice per l'udienza preliminare) fosse restata in piedi voleva dire, invece, che si apprestava a leggere la sentenza di non luogo a procedere chiesta dai difensori dei 4 agenti, ossia gli equipaggi delle due volanti che intervennero, in circostanze da chiarire nel dibattimento, nel parchetto che rasenta l'ippodromo estense dove Federico sarebbe stato trovato, almeno mezzora dopo, inanimato, con le manette dietro la schiena e la faccia a terra, dal personale del 118 e da una gazzella dei carabinieri venuta a dar manforte ai colleghi del 113. Invece Silvia Migliori ha letto l'ordinanza di rinvio a giudizio con l'elenco degli atti di indagine e delle fonti di prova dopo quasi tre ore di udienza a porte chiuse e un paio di pausa. Il capo di imputazione ipotizza che gli equipaggi di Alpha 3 e Alpha 2 abbiano ecceduto nell'adempimento del loro dovere e abbiano «cagionato o comunque concorso a cagionare la morte» per avere omesso di richiedere le necessarie cure mediche a un ragazzo descritto dagli stessi agenti in stato di evidente agitazione, col quale hanno invece «ingaggiato una colluttazione in maniera imprudente pur trovandosi in evidente superiorità numerica» percuotendolo fino a spezzare due manganelli e quando era già immobilizzato a terra, e anziché prestare le prime cure (in una delle volanti c'era anche un defibrillatore) a un ragazzo che invocava aiuto e chiedeva di farla finita «con la significativa parola basta, lo mantenevano ormai agonizzante ammanettato con la faccia in giù».
L'omicidio colposo è un reato che prevede una pena tra i 6 mesi e i 5 anni. Nemmeno stavolta erano presenti i quattro agenti ma solo i loro legali che andranno via dall'aula senza rilasciare dichiarazioni e affideranno a uno comunicato collegiale la loro reazione. Fuori, mescolati tra i cronisti e i parenti di Aldro (così lo chiamavano gli amici) alcuni agenti in borghese, tra cui il capo della polizia giudiziaria. «Ribadiamo che non c'erano le condizioni per una simile conclusione», scrive il collegio di difesa dei quattro poliziotti prendendosela con le indagini preliminari e le perizie medico-legali che, a loro dire, non avrebbero dimostrato «il nesso causale fra l'azione di contenimento degli agenti e la morte del giovane, da ritenersi un evento improvviso, imprevedibile ed inevitabile». La condotta dei loro assistiti sarebbe stata «doverosa, obbligata e legittima, data l'accertata situazione di pericolosità in cui essi si trovarono ad agire». In fondo al comunicato si ritira fuori la storia della droga - «Il giovane aveva assunto svariate sostanze che hanno avuto sicura incidenza sul decesso» - già smentita nettamente dalle perizie (furono trovate solo lievi tracce di chetamina e oppiacei) e dalle testimonianze raccolte nell'inchiesta che hanno restituito la fase finale del controllo di polizia polverizzando la pasticciata versione ufficiale di morte per overdose annunciata alla famiglia della vittima dopo cinque ore. Di «ombre inquietanti» avrebbero parlato anche il pm Nicola Proto - che ha ereditato a marzo 2006 la gestione dell'inchiesta dopo la rinuncia della prima magistrata Mariaemanuela Guerra - e i legali della famiglia Aldrovandi. Si tratta di ombre proiettate dalla montagna di dubbi relativi sia alla prima fase delle indagini - affidate allo stesso corpo degli indagati e coordinate, in quanto capo della polizia giudiziaria, dal compagno dell'unica donna imputata - sia alla prima fase del contatto tra il diciottenne incensurato, disarmato, di indole pacifica e le volanti. «Tutti elementi che saranno approfonditi nel dibattimento» e che fanno dire a Patrizia Moretti, la mamma di Federico, che l'udienza preliminare «non è che il vero inizio di questa storia». Una storia che potrebbe avere risvolti clamorosi se, ad esempio, si ragionasse, come suggerisce un legale degli Aldrovandi, Fabio Anselmo, sulla coincidenza tra le dichiarazioni di chi chiamò il pronto intervento e i verbali delle volanti: «Tutti descrivono la stessa scena: le urla disumane di un ragazzo che impreca contro la polizia. E il rumore tipico di una sgommata in retromarcia e il rumore di lamiere. Perché imprecava? Quando incontrò la prima volante, prima o dopo la chiamata al 112?».
Allora se le indagini a ridosso dei fatti sono «un'ipoteca pesante», come dice il suo collega Alessandro Gamberini, non lo sono certo nel senso indicato dal collegio dei difensori. Gamberini, infatti, si riferisce a quei reperti sottratti al pm, i brogliacci delle chiamate al 113 di quella notte, e imboscati nella cassaforte della questura finché proprio un difensore degli agenti ne ha rivelato l'esistenza facendone richiesta. «Strano - osserva ancora Anselmo - che gli agenti ne sapessero più del pm». E ancora più strano che le fotocopie dei brogliacci fossero diverse dagli originali e sembrassero confezionate ad hoc per posticipare l'ora dell'impatto tra le volanti e il diciottenne. E che dire dei tamponi di sangue congelati per un anno e mezzo nel frigo della scientifica? Le difese dicono che sono doppioni ma per vederci chiaro è stata appena aperta una inchiesta-bis condotta dallo stesso Proto che, grazie all'aria nuova che si respira in Via Ercole Primo d'Este dopo la sostituzione del questore - a settembre di un anno fa - potrebbe far luce sulla vicenda. Anche il Viminale, infastidito dall'irruzione del caso sui media, starebbe confermando ora la tesi che in questura magari qualche mela marcia ci sarebbe. E una terza inchiesta riguarda l'accusa alla polizia giudiziaria di aver "gestito" i testi prima di consegnarli alla pm. Stavolta è un poliziotto che ha querelato il videomaker che ha rivelato questo particolare su una tv privata.